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ITALIA-SVEZIA.

UNA SCONFITTA CHE BRUCIA...

Che dire di Italia-Svezia dello scorso 13 novembre, l’assurda partita che dopo 60 ci ha negato di fatto l’accesso ai Mondiali di calcio?

I giocatori sono scesi in campo a mio avviso visibilmente demotivati, e da subito appariva chiaro che non avrebbero dato il massimo. Prima di tutto avrei da ridire sugli allenamenti che Ventura svolgeva quotidianamente: se una squadra ha una partita particolarmente importante dovrebbe essere lasciata a riposo per un tempo sufficiente per recuperare energie fisiche e lucidità mentale, invece di essere mandata in campo stanca e affaticata. Con quella partita, l’ormai ex allenatore della nostra triste Nazionale era consapevole che si sarebbe giocato la panchina, e forse anche per questo ha tentato di giocarsi il tutto per tutto, senza tuttavia ottenere nulla. Personalmente avrei puntato non tanto sull’allenamento in campo quanto sull’individuazione di una tattica di campo, che in quella sfortunata serata è stata praticamente assente. Avrei condiviso con i miei ragazzi più efficaci schemi di gioco basati soprattutto su traversoni da fondo campo e sui lanci, nei quali un giocatore come Bonucci è un elemento fondamentale. La strategia di Ventura invece prevedeva cross alti – ovviamente respinti dalla imponente difesa avversaria, che faceva valere i suoi centimetri in più – e molti (troppi!) tocchi di palla di Gabbiadini. Quest’ultimo, secondo me, non aveva le sufficienti caratteristiche per essere convocato ad un incontro così decisivo, quando c’era invece disponibile un elemento come Insigne in una condizione di forma ottimale. La formazione svedese ha giocato una partita praticamente senza mai oltrepassare la nostra tre quarti, costruendo poche occasioni e offrendo agli spettatori un calcio povero di emozioni e di giocate. Tuttavia, anche così ha saputo avere ragione su una squadra dalla tradizione prestigiosa come la nostra, la quale ha proposto ed osato molto senza però mai riuscire a finalizzare il gioco, come dimostrano i tanti tiri in porta sempre imprecisi e scoordinati. Pensando anche alla partita di andata, decisiva nel decretare la nostra sorte, l’unico goal segnato dagli avversari è arrivato su deviazione di Chiellini. Ma al di là della sfortuna (chiunque può trovarsi involontariamente sulla traiettoria di un lancio) è stato fatto a mio avviso un errore nell’impostazione del settore difensivo: il modulo 4-2-4 è completamente inefficace, così come Chiellini nei panni del regista è decisamente inadatto. Il quartetto Darmian, Bonucci, Chiellini e Florenzi non ha saputo tenere il possesso di palla e contrastare a sufficienza gli avversari. Io avrei disposto un modulo completamente diverso, cioè il 3-5-2, con Bonucci, Chiellini e d’Ambrosio, quest’ultimo al posto di Darmian perché tecnicamente molto più dotato. Insigne, Parolo, De Rossi, Gagliardini e Candreva avrebbero dovuto a mio avviso occuparsi del centrocampo, mentre Immobile ed Eder avrebbero ricoperto il ruolo di punte. Questo sarebbe stato un modulo capace di garantire protezione in difesa e massima potenzialità offensiva che, con la velocità di Immobile, avrebbe potuto trasformare il risultato.

Peccato, lo dico da tifoso quanto da giocatore, perché so cosa si prova a essere eliminati in una competizione forse meno importante... quando mi è successo ma ho provato un sentimento di rabbia talmente forte che avrei voluto tornare in campo per spaccare tutto e far vedere che eravamo stati eliminati ingiustamente. E adesso, Italia, cosa vogliamo fare?

È ora di svegliarsi e ripartire con una marcia in più e soprattutto una mentalità competitiva, perché io so chi è l’Italia, una squadra che non molla finché non sente il triplice fischio e i suoi tifosi esultare perché in fondo il  calcio è questo, passione e voglia in quello che fai per non deludere gli altri e soprattutto te stesso.

Gabriele Aiosa

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